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Le nozze di Laura, critiche alla fiction di Pupi Avati

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Non riesce subito ad entrare in sintonia con gli spettatori del piccolo schermo “Le nozze di Laura”: il film-tv di Raiuno necessita di superare la prima parte per poter davvero diventare un racconto che riesce a sfruttare gli elementi dell’episodio del Vangelo di Giovanni de Le nozze di Cana.

Quando supera qualche ostacolo dovuto ad una partenza troppo semplice ed approssimativa, la pellicola di Pupi Avati arriva dritto al centro del racconto, e svela tutte le debolezze della società contemporanea.

Le nozze di Laura non è solo un film sull’amore tra due persone apparentemente diverse tra di loro. Avati ha voluto inserire all’interno del racconto una serie di personaggi rappresentativi di due fazioni costruite da un mondo che ha bisogno di capire cosa voglia dire “normalità”. La protagonista Laura (Marta Iagatti) si trova nel mezzo tra chi è accettato dalla società, grazie alla sua famiglia proprietaria di un frutteto in Calabria, e tra chi invece è emarginato e considerato troppo diverso, come Karimu (Valentino Agunu), bracciante che lavora proprio nei campi del padre della ragazza.

Proprio questa necessità di dover dividere il mondo tra chi meriterebbe rispetto e chi no sfocia in un confronto generazionale tra Laura ed i suoi genitori, ma anche tra la protagonista e gli altri abitanti del suo paese. La mancanza di comprensione diventa simbolo di chi vuole rimanere attaccato a valori che non accettano nulla di diverso: chi, invece, vede in ciò che è differente qualcosa che può arricchire la propria cultura, come la zia Maria (Lina Sastri) ed il cugino (Alessandro Sperduti), viene bollato come problematico o incapace di stare con gli altri.

 

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