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Faccia d’angelo, la critica de La Stampa

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Alessandra Comazzi nel recensire su La Stampa la prima puntata di Faccia d’angelo, la miniserie di Sky sulla vicenda del Felice Maniere, detto il Toso, il boss della mala del Brenta, chiarisce da subito il suo punto di vista sulle biografie tv:

raccontano sempre un’altra storia, rispetto a quella del personaggio cui si ispirano, adattano la realtà. Non dobbiamo aspettarci coerenza. Per quella c’è, nel caso particolare, History, che tenta di sistemare i tasselli della oggettività. Le esistenze non comuni, come i romanzi, sono solo fonti di ispirazione delle fiction. Forse si dovrebbe dire più chiaramente.

Nel merito la Comazzi sostiene che:

Il film è angosciante, la cattiveria è brutta, senza speranza. Tutto ha inizio da un’ingiustizia forte subita da bambino: sliding doors, si apre la porta sbagliata, per pura crudeltà non gli danno una borsa di studio. Né, al bandito, capitò un’occasione di redenzione, come all’Innominato manzoniano, che «fu grande nel bene come era stato grande nel male».

Giudizi senza dubbio positivi per gli attori:

Grande però Germano, sorvegliatissimo il suo linguaggio veneto, brava la Ricciarelli, sua mamma, e i violenti altri.

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